Fra Vincenzo Pietrosanti da Bassiano è autore di numerosi crocifissi presenti nell’area laziale. Nel 1669 fra Vincenzo consegnava il suo secondo crocifisso al convento di S. Maria di Versacarro di Nemi, che veniva accolto da tutto il popolo con grande solennità. Nel crocifisso, che presenta un incavo a cui si accede dal dorso, vennero inserite alcune reliquie che fanno della scultura non una semplice raffigurazione ma piuttosto una teca, e via via altri documenti. Il padre provinciale dei Minori osservanti, nel 1674 le inserì egli stesso nel crocifisso:
       "In questo SS.mo Crocifisso vi sono l'infrascritte Reliquie ed io, P. Vincenzo da Bassiano, Custode di questa Provincia Romana, con ogni riverenza et humiltà, con le mie proprie mani ve l'ho poste.
Un frammento del legno della Santissima Croce del legno dritto e traverso. Della Colonna dove Nostro Signore fu flagellato. Del Sacro Sepolcro dove seppellito. Della Pietra del monte Calvario. Della Pietra dove sedé quando fu coronato di spine.  Della fossa dove fu piantata la Croce.[…]. In esso si attesta anche che il crocifisso è opera di fra Vincenzo e che è stato esposto per la prima volta con solennità il 19 maggio 1669.
La tragicità dell’espressione e le particolarità che il volto del crocifisso presenta – il verismo della resa dei capelli ritorti perché intrisi di sangue e la bocca semiaperta con la lingua e il palato mirabilmente veri - diede subito adito al leggendario: si narra che la testa sia stata fatta in modo miracoloso. Ecco quanto scrive a proposito il Padre Casimiro da Roma (1744): “Fu questa lavorata dal divoto F. Vincenzo da Bassiano nei soli giorni di Venerdì, nei quali macerava il proprio corpo con pane, ed acqua, e flagellavalo con aspre discipline, pregando istantemente il Signore che questa di lui immagine riuscisse di benefizio alle anime: ed è fama costante ch’egli un dì ritrovasse il di lei volto perfettamente compiuto di mano invisibile.”
La ragione di tale leggenda va senz’altro rintracciata nel fatto che il crocifisso, opera di un semplice frate “perito nella scoltura” - così si parla di lui nella registrazione della sua morte avvenuta a Roma nel 1694 -, trova nel volto del simulacro di Nemi una potente carica espressiva, che suscita profonde emozioni; Gesù crocifisso è ritratto nella tragicità degli spasmi della morte di croce seguendo la cifra tipica della spiritualità del tempo, orientata a profondo amore per l’umanità sofferente di Cristo. Animato da una continua contemplazione della passione del Signore, fra Vincenzo fa emergere dalla sua opera il dramma della sofferenza del Crocifisso: la corona di spine ferocemente infissa sul capo, il corpo straziato da evidenti piaghe –vistosa quella del costato dal cui fuoriesce un notevole fiotto di sangue rappreso, e quella sulla spalla causata dal peso della croce trasportata verso il calvario -, le ferite dei chiodi nelle mani e nei piedi fortemente deformati dal peso del corpo che sopportano, il torace inarcato che evidenzia la fatica nel trarre il respiro, lo marcano abbondantemente. Ma ciò che più evidente emerge dal simulacro è un momento della passione che certamente fra Vincenzo ha voluto e saputo mirabilmente esprimere: il Cristo che si rimette alla volontà del Padre mutando una espressione di dolore in un abbozzo di sorriso; egli riesce a comunicarci la consapevolezza di Cristo morente che nel totale abbandono al progetto di Dio sarà operata la salvezza per l’intera umanità. L’intento del pio frate nello scolpire un crocifisso a beneficio delle anime appare perfettamente compiuto.

 Il culto
Fin dall’esposizione del crocifisso la chiesa è stata meta di tantissimi pellegrinaggi e le cronache del tempo narrano della presenza di numeroso popolo e personalità nonché di prodigi e guarigioni miracolose di cui restano a testimonianza i numerosi ex voto - piccola parte rimasta dei tantissimi andati dispersi per le vicissitudini patite nel tempo.
Il santuario è stato onorato della visita di numerosi Pontefici. Clemente XI nel 1711; Benedetto XIV nel 1741; Clemente XIII nel 1763; Pio VI che vi si recò più volte e adornò la chiesa di indulgenza plenaria; così i suoi successori Pio VII e Gregorio XVI. Tre volte vi si è recato Pio IX che lascio in dono al crocifisso i paramenti e il calice col quale celebrò la santa messa. In occasione del terzo centenario della prima esposizione del Crocifisso (1969), Paolo VI onorò con la sua presenza i festeggiamenti e per due volte fu venerato da Giovanni Paolo II, nell’Anno Santo straordinario del 1983 e nel 1997. Da ultimo, il Pontefice Benedetto XVI, il 22 agosto del 2006 ha pregato di fronte al SS.mo Crocifisso implorando la pace nella Chiesa e per il mondo.
 
© Claudio Mannoni