Claudio Mannoni

 

Nemi: E’ Liborio Coccetti
l’autore del settecentesco stendardo processionale

Pubblicato in Castelli romani, 5 (sett. Ott.) 2001 pagg. 140-145; con una foto.

 
Nella Chiesa parrocchiale di Nemi si conserva lo stendardo processionale delle due antiche Confraternite nemorensi[1]. Esso è formato da due tele di lino frangiate all’intorno in seta, che misurano m. 3,70 x 2,95. Vi sono raffigurati da un lato la Madonna del Pozzo, titolare della Parrocchia, tra i santi Apostoli Filippo e Giacomo Minore, Patroni di Nemi, e dall'altro la Madonna del Rosario con i santi Domenico di Guzmann e Vincenzo Ferreri. Veniva portato in processione il primo maggio per la festa patronale, il cinque agosto, festa della Madonna del Pozzo, l’otto maggio e la prima domenica di ottobre, feste della Madonna del Rosario. E probabilmente in altre occasioni.[2] Di esso non se ne conosceva fino a questo momento l’autore, anche se più volte io stesso avevo cercato di stabilire chi fosse, ma senza successo. Avevo comunque con certezza già stabilito che la vox orandi che lo collocava alla fine del seicento non era fondata.[3] Con una ricerca iconografica[4] relativa alla ‘facciata’ dei Patroni, ero riuscito a rintracciare i modelli utilizzati dall’autore. Il punto di partenza fu la Basilica dei santi dodici Apostoli, così legata alla Famiglia Colonna, che con grande probabilità fu quella che introdusse gli apostoli Filippo e Giacomo a patroni di Nemi[5]. E sotto l’altare settecentesco della Basilica romana, ove si venerano le reliquie di questi santi, con mia soddisfazione trovai un piccolo quadro con le figure dei due Apostoli: vi sono rappresentati nella stessa identica foggia e atteggiamento dello stendardo nemorense. Non riuscii tuttavia a trovare notizia alcuna sull’autore del dipinto. Con ulteriori ricerche sulle raffigurazioni degli apostoli realizzate nel periodo, osservai che il quadro e lo stendardo, riprendevano puntualmente il disegno delle figure di apostoli modellati nelle statue poste nelle grandi edicole borrominiane della navata centrale della basilica di S. Giovanni in Laterano. La dipendenza era evidente: quella di S. Filippo anche se riprodotta a specchio, ricalcava la statua dello stesso apostolo opera di G. Mazzuoli; quella di S. Giacomo, era composta utilizzando per il volto e il bastone, la parte della statua di San Giacomo maggiore, mentre per la foggia del manto e per il libro a quella di S. Giovanni, entrambe opera di C. Rusconi. Ora queste statue, come le altre, furono regalate dai vescovi tedeschi e disposte nella basilica dopo il 1715. Dunque la dipendenza cronologica delle opere non permetteva di collocare lo stendardo prima di questa data. Ma per la mia giovane età non ebbi modo di dar voce a quanto avevo osservato.
Successivamente divenne noto che lo stendardo doveva esser stato realizzato nello scorcio del suddetto secolo. Questa datazione fu attribuita quando, nel 1987 venne concluso il suo recupero con un appropriato intervento a cura dell’Istituto Centrale per il Restauro. Nella circostanza dei lavori necessari ad interrompere il processo di degrado cui era incorso, l’allora Parroco di Nemi, P. Giuseppe Melchionna, artefice dell’avvio di questo intervento restaurativo, fece una serie di ricerche per riuscire a stabilire più precisamente l’epoca della realizzazione. Ricordo personalmente come non avendo trovato nessun documento al riguardo, riuscì a determinare in modo sicuro il periodo a cui esso andava ascritto, con la lettura degli stemmi, molto consunti e quasi illeggibili, che decorano la parte inferiore delle due facce. Riuscì a stabilire che lo stemma sottostante S. Filippo è del Cardinale Francesco Gioacchino Pierre De Bernis, che fu vescovo di Albano dal 1774 al 1794. Inoltre grazie alle foto all’ultravioletto, che le insegne papali, le prime a sinistra, nel campo superiore contenevano le tre stelle dello stemma di Pio VI.[6] Tutto ciò gli aveva permesso la datazione dello stendardo all’ultimo quarto del XVIII secolo. Non riuscì però a stabilire con certezza se venne realizzato nell’ultimo periodo del possesso di Nemi dei Frangipane o invece nel periodo in cui era duca di Nemi Luigi Braschi Onesti[7], nipote del suddetto Pontefice, pur propendendo per questa seconda possibilità. Anche la critica formale dei tecnici dell’Istituto per il Restauro lo inseriva all’interno della scuola romana di questo periodo, non escludendo autori di primaria importanza, non potendo tuttavia determinare chi ne fosse l’artefice.[8] Le ricerche del Melchionna trovarono poi spazio e caratteri tipografici in occasione della mostra per la presentazione dello stendardo restaurato,[9] presentazione a cui non poté partecipare morendo proprio la notte precedente alla prevista inaugurazione di essa.
Partendo da tutto questo, elaborando una serie di considerazioni, avevo successivamente più volte formulato delle ipotesi riguardo l’autore, pur tuttavia non riuscendo a trovare nulla che aggiungesse ad esse uno spiraglio maggiore della probabilità. Quella che più di tutte ritornava prepotentemente era legata alla figura di un pittore che in questo periodo aveva lavorato a Roma e nei dintorni, decorando dimore patrizie in Urbe e ville nella campagna. E chi meglio di Liborio Coccetti, andavo ripetendo nella mia testa! Infatti fu artista prediletto dalla famiglia Braschi. Operò a Roma dove Papa Pio VI gli procurò importanti commissioni e prestigiosi incarichi, tra cui la decorazione di palazzo Braschi; lavorò intorno al 1784[10] a Nemi, nel castello, negli appartamenti al piano nobile, per decorare  tra le altre, le sale dette poi delle Vedute, Mitologica e Biblica; decorò i paliotti degli altari laterali e il prospetto della cantoria della Chiesa del Crocifisso[11] e alcune sale del convento stesso. Chi meglio di Lui? Ma questo non era supportato nessun riscontro, neanche indiretto.
Il ritrovamento di parte dell’archivio delle Confraternite[12] offriva però una insperata occasione, essendovi decine di documenti di epoche diverse! Che fra le altre cose non vi fossero anche notizie che permettessero si risalire all’autore dello stendardo? Quante volte avevo sentito il P. Giuseppe nelle nostre conversazioni esclamare: “Ah, se avessimo gli archivi delle Confraternite!” Con una accurata ricerca nei libri contabili di esse alla fine sono riuscito a trovare conferma a quello che avevo ipotizzato riguardo all’autore, e anche altre notizie relative alle spese sostenute per la realizzazione del nuovo stendardo, unico per le due confraternite. Ne do qui conto.
In un volume recante la intestazione “Liber Syndicatuum  -  Nemi”, - libro in cui sono annotate le entrate le spese e le revisioni contabili delle Confraternite dall’anno 1783 al 1817 - nel rendiconto dell’anno 1787 vi è una prima annotazione:
“Pagò al sig. Giuseppe Marianecci scudi venti in conto delli scudi cinquanta che il med.o (medesimo) ha sborsati al sig. Liborio Coccetti a favore delle Nostre Com.e (Compagnie) per fattura di un nuovo Stendardo come dall’ordine e ricevuta.”[13]
Proseguendo, nel rendiconto dell’anno 1788 ho trovato quella relativa al saldo:
“Pagò al sig. Giuseppe Marianecci scudi trenta, sono per saldo e final pagamento delli scudi cinquanta come il Med.mo pagò al Sig. Liborio Coccetti Pittore a favore delle Compagnie per fattura di uno stendardo come dalla ricevuta.”[14]
Le semplici ma preziose annotazioni economiche dunque ci permettono di sapere che venne affidato l’incarico di realizzare un nuovo stendardo a “Liborio Coccetti, Pittore”. Quanto avevo supposto trova in queste annotazioni esplicita conferma.  Sicuramente la sua presenza in Nemi in quel periodo, portò il Priore dell’epoca, Giovanni Battista Pesoli, a commissionare a lui l’esecuzione del nuovo stendardo per le Confraternite. Non sono riuscito al momento a determinare chi fosse il nominato Giuseppe Marianecci che ha anticipato la somma al pittore. Tuttavia era usuale, come risulta da altri rendiconti, che delle persone sborsassero somme per le grosse spese delle Confraternite, le quali restituivano gli importi ricevuti successivamente alla riscossione della vendita della frutta[15] riscossione che avveniva in due rate, a Natale e alla Pasqua successiva. Il camerlengo di quegli anni, Crispino Cavaterra, poi, puntualmente aveva eseguito i pagamenti a restituzione dell’importo anticipato – cinquanta scudi -  in due rate che vennero registrate nel controllo della contabilità dai revisori dei conti.
La ragione di un nuovo stendardo sicuramente va ricercata nel fatto che le due Confraternite in questo periodo si erano ulteriormente organizzate e avevano realizzato finalmente un proprio Oratorio, riedificando l’antica Chiesa di S. Giovanni, diruta, che utilizzata per oltre un secolo come cimitero, venne trasformata a tale nuovo scopo[16]. Inoltre è da supporre che sicuramente gli stendardi precedenti erano lisi e consunti. [17]
Per il nuovo stendardo vennero anche completamente rifatte tutte le sue parti: aste, traversa, bilancieri, funi, pennacchi. Anche di questi rifacimenti rimane traccia nelle note dei revisori delle contabilità degli anni seguenti:
“pagò a Carlo Forni coloraro per colori presi per le stanche dello stendardo per la Chiesa baj (baiocchi) 89.”
“pagò a Camillo de Santis Chiavaro baj 60 per aver fatto l’armatura dello stendardo.” […]
“pagò a Francesco Ordecchia scudi tre e baj 90 sono per costo e porto di due aste e sua traversa per lo stendardo.”
“pagò a Camillo Cesli scudi tre per due vasi di legno intagliati e dorati per lo stendardo.”[…]
“pagò li cordoni di seta per lo stendardo scudi dieci e baj 50 come dalla ricevuta fatta dal Sig. D. Domenico Marianecci, essendosi perduta quella del mercante.”[18]
Sono riportate inoltre le spese per la stoffa (venti canne di cortinella), per i fiocchi (otto fiocchi con cordoni) e per la cucitura di nuovi abiti per i confratelli (otto sacchi per la compagnia) per rivestire a nuovo i confratelli portatori dello stendardo. Vennero anche rifatte le nuove cinte di cuoio necessarie per il trasporto processionale: “pagò a Giuseppe Cavaterra scudi Nove per fattura di sei cinte nuove di corame per lo stendardo.”[19]
Ho trovato poi anche l’annotazione di un intervento di restauro riguardante la parte del bilanciere ligneo dello stendardo che venne rifatta settant’anni dopo, nel 1858: “ per due pomi nuovi per uso dello stendardo della Confraternita e sua vernice scudi due e cinquanta.[20]
Credo che tutto ciò, sia notizia gradita, che arricchisce ulteriormente la conoscenza della storia di questi ameni luoghi.
I libri delle Confraternite, dopo oltre un ventennio dalle prime ricerche, hanno permesso dunque allo scrivente di rispondere finalmente alla domanda che aveva per così lungo tempo impegnato il P. Melchionna.
Alla sua memoria, di uomo che si era appassionato per la storia di questi luoghi, dedico il ritrovamento di questa notizia. A lui che a me, ancora studente, ha instillato la sua stessa passione per le vicende degli uomini, in quelle nostre continue discussioni e ragionamenti intorno ai trascorsi della storia di Nemi.
 
 
Prof. Claudio Mannoni
 

 
[1] La prima, più antica è la Confraternita del SS. Sacramento e delle Cinque Piaghe, di origini cinquecentesche e tuttora esistente, l’altra, quella del SS. Rosario, anteriore al 1611, fu unita amministrativamente alla prima nel 1747. Quest’ultima, anche a seguito della legge italica del 1807, si affievolì sempre più fino a scomparire.
[2] Oggi è rimasta solo la tradizionale processione per la festa Patronale il primo maggio, ove però viene portato un nuovo stendardo realizzato nel 1996.
[3] Di stendardi delle Confraternite di questa epoca se ne trova nota nelle visite pastorali. Ad es. nell’ “Inventario delle robbe della Comp.a del SS.mo Sacramento in Nemi” allegato alla Visita Thomatum del 1661 si legge: “uno stendardo nuovo alla Madonna del pozzo con soi finimenti. Un altro vecchio”, Archivio Curia Vescovile, (A.C.V.). ivi, s.n. Ma che il nostro fosse uno di questi non era probabile.
[4] La intrapresi più per curiosità che per altro, nell’inverno del 1979. Di essa conservo poche note.
[5] I Colonna ebbero il possesso di Nemi a fasi alterne e più volte: a partire dal 1428 con Prospero ed Edoardo; fino alla loro uscita dalla scena nemorense con Marcantonio Colonna nel 1560. Tutti i loro feudi castellani hanno i medesimi patroni: Nemi, Lanuvio e Frascati.
[6]  La sua lettura dello stemma centrale tuttavia appare errata: vi cercava infatti gli stemmi nobiliari delle famiglie feudatarie di Nemi. In realtà lo stemma appartiene alla Confraternita del SS.mo Sacramento, riprendendone la sagoma caratteristica e essendo ancora leggibile in parte il calice centrale.
[7] La vendita di Nemi da parte di Antigono Frangipane a Luigi Onesti Braschi avvenne nel 1781.
[8] Ministero dei beni culturali e ambientali, Mostra didattica sullo stendardo, Nemi 1987.
[9] G. Melchionna, Nemi storica e il suo stendardo, Albano 1987
[10] La data si evince dal cartiglio presente in una delle vedute di Nemi, dipinte nella sala detta appunto delle vedute.
[11] Tale prospetto oggi non esiste più. Era stato aggiunto con uno stonato ampliamento nel 1726, per la necessità derivata dalla crescita del numero dei frati presenti nel convento a cui il coro - realizzato nel 1672 per opera di fra Vincenzo da Bassiano- non bastava più, e successivamente decorato. E’ stato rimosso cosi come gli altari, con i restauri del Santuario eseguiti negli anni ‘70.
[12] È avvenuto nel 1996. Di esso non resta molto. Si conservano documenti risalenti al 1624 e anche una serie di registri a partire al 1725 che contengono decreti, contratti, atti notarili, inventari, verbali.
[13] Archivio Confraternite nemorensi, (in seguito ACN), Liber Syndicatuum (1783-1817) Sindicato dell’anno 1787, fol. 36a
[14] Ivi, Sindicato dell’anno 1788, fol.43b
[15] Era questa la maggiore delle fonti di introito delle Confraternite Nemorensi, le quali vendevano in asta pubblica le raccolte stagionali dei propri frutteti.
[16] L’oratorio venne benedetto nel 1780, durante la Visita De Bernis. Cfr  A.C.V. ivi. fol. 120.
[17] cfr nota 3. Che anche la Confraternita del Rosario avesse un suo stendardo lo attesta la stessa Visita De Bernis del 1780 ove si dichiara che ciascuna Confraternita aveva vessilli propri. A.C.V. Visita De Bernis fol 121.
[18] ACN, Liber Syndicatuum,  Sindicato dell’anno 1790, fol.53b
[19] ACN, Ivi, fol.54b. Il corame è il cuoio particolarmente rigido, la suola.
[20] ACN Libro dei Sindacati di questa Ven. Chiesa e Confraternita del SS.mo Sacr. (1847-1870) Anno 1858, fol 86