Santuario del Crocifisso
Origini della chiesa
La costruzione di questa chiesa, assieme all’annesso convento affidato alle cure dei frati Minori Osservanti, fu promossa dall’allora signore di Nemi, Mario Frangipane (1574-1654). La sua fondazione ci riporta alla vicenda dell’abbandono di Nemi da parte dei frati Cappuccini; questi dimorarono per oltre un secolo, giù al lago presso l’ormai scomparso sito di santa Maria, posto sulla riva di ponente del lago, al di sopra della cosiddetta ”casetta dei pescatori”.

Questo luogo era sede di un eremo e di una chiesa e lì, da tempo non precisabile, doveva essere custodita la sacra immagine della Vergine di Versacarro alla quale sappiamo era dedicata la chiesetta. I cappuccini giunsero a Nemi nel 1534, chiamati da Ascanio Colonna suo feudatario, per stabilirsi proprio nell’antico sito eremitico di Santa Maria la cui chiesa fu consacrata, il 24 febbraio 1579, a San Francesco. La sistemazione si rivelò assai precaria, per quanto si cercò d’adeguare le vecchie strutture dell’eremo alle esigenze della comunità. Nel 1636 si decise d’abbandonare il convento per costruirne un altro in posizione più conveniente. Sovrintendente dei lavori fu nominato fra Michele da Bergamo (? – 1641), ma divergenze intercorse tra Mario Frangipane e il Padre Provinciale dei Cappuccini riguardo la scelta del sito dove erigere il nuovo complesso indussero i religiosi ad abbandonare Nemi per trasferirsi a Genzano. I frati furono accolti dai genzanesi con gioia e giubilo mentre “...i poveri nemesini […] piangevano dirottissimamente gridando misericordia […] si graffiavano la faccia e tutti crudamente si battevano il petto et facevano atti di molta compassione...” . Il Frangipane decise di costruire ugualmente il convento vi unì una nuova chiesa e donò poi il complesso ai frati Minori Osservanti, i quali ne presero possesso il 25 luglio 1645. Il popolo di Nemi, concorde l’arciprete parroco, volle che nella chiesa fosse posta l’icona di Versacarro, già trasportata dal lago e collocata nella chiesa parrocchiale, facendo però ad essa l’obbligo del titolo che tuttora mantiene. Tuttavia, con l’esposizione del crocifisso scolpito da Fra Vincenzo Pietrosanti, la chiesa è divenuta prima nella vox populi poi anche nei documenti, il santuario del SS.mo Crocifisso.

 


La chiesa

 

L’impianto tipologico è, per la sua singolarità, d’indubbio interesse; esso, infatti, si può ricondurre alle forme di una croce latina rovesciata, con l’aula rettangolare, stretta e lunga, quale spazio deputato ai presbiteri. Quest’aula era certamente in origine articolata in due vani d’eguali dimensioni, uno riservato al coro, l’altro, invece,  destinato al presbiterio. Essi erano separati dall’edicola dell’antico altare maggiore che era in legno con quattro colonne tortili, angeli reggenti i simboli della passione e decorato in blu e oro.
All’epoca dei Braschi (1789), la chiesa ricevette un profondo restauro: un nuovo altare in marmo sostituì l’antico e l’edificio venne totalmente ridipinto nel 1835 da padre Francesco da Napoli, coprendo le precedenti pitture realizzate dal padre Felice, suo conterraneo, nel 1675. Di queste ultime restano alcuni affreschi, nella volta della sagrestia. Le decorazioni pittoriche attualmente alle pareti della chiesa, si devono ad un intervento di restauro ed ”abbellimento” promosso nel biennio 1898-99 dai nuovi proprietari del convento, i religiosi dell’ Ordine di Maria SS. della Mercede.

I padri Mercedari considerarono le disadorne superfici murarie dell’interno come assai modeste e decisero di decorarle affidandone l’incarico al pittore Eugenio Cisterna (1862-1933) e all’architetto Lorenzo M. de Rossi al quale si deve, anche, il ridisegno della facciata.